Dall’ 11 luglio scorso, il Comune ha chiuso al traffico il cavalcavia ferroviario di via Papa Giovanni XXIII a Gioia del Colle per avviare lavori di riqualificazione. Quest’ arteria, fondamentale per la viabilità urbana ed extraurbana e utilizzata ogni giorno da residenti, pendolari e aziende agricole, è diventata improvvisamente inaccessibile. Il motivo? Un intervento finanziato con fondi FAS risalenti al periodo 2000–2006, che il Comune ha recuperato e attivato oggi, tra molte incognite e con scarsissima comunicazione.
Il titolo ufficiale del progetto – “Riqualificazione del cavalcaferrovia di via Giovanni XXIII e realizzazione di una nuova banchina pedonale” – non chiarisce cosa prevedano realmente i lavori. Mancano infatti i dettagli essenziali: nessuno ha diffuso rendering, spiegazioni pubbliche o un cronoprogramma. Neanche il cartello di cantiere informa in modo completo sull’entità dell’opera, sull’ origine dei fondi o sull’ importo del finanziamento. I cittadini si trovano così davanti a un cantiere che potrebbe durare mesi, forse anni, senza capire per quale motivo.
Anche le tempistiche creano confusione. Prima della chiusura, alcuni avvisi indicavano la fine dei lavori al 31 dicembre 2025. Ma un controllo dei documenti ufficiali rivela un’ altra realtà: il contratto fissa il termine al 2 gennaio 2027. La differenza supera l’ anno rispetto a quanto comunicato inizialmente.
L’ ordinanza dirigenziale n. 101 del Comando di Polizia Municipale, pubblicata il 24 giugno, non indica alcuna scadenza precisa. Si limita a disciplinare provvisoriamente la viabilità, subordinando l’efficacia dell’ordinanza alla posa della segnaletica da parte della ditta incaricata. Nessuna data, nessun riferimento alla fine dei lavori.
Durante l’ ultima seduta del Consiglio Comunale, il consigliere Giuseppe Procino ha chiesto chiarimenti ufficiali alla Giunta e agli uffici. La risposta, però, è rimasta interlocutoria: secondo quanto riferito, la ditta punta a concludere i lavori entro la primavera del 2026. Ma si tratta solo di una previsione, non di un impegno contrattuale. Resta infatti valido il termine massimo del 2 gennaio 2027. In altre parole, la chiusura potrebbe durare 8-10 mesi oppure superare l’anno e mezzo.
Nel frattempo, di fronte a un’opera pubblica che incide pesantemente sulla vita quotidiana di cittadini e imprese, mancano strumenti minimi di informazione. Nessuna istituzione ha spiegato chiaramente cosa prevedano i lavori, quali miglioramenti apporteranno, né perché serva così tanto tempo per completarli. Il risultato è una comunità disorientata, costretta a convivere con deviazioni, ritardi e costi aggiuntivi, senza sapere cosa aspettarsi.
Per interventi di questa portata non bastano ordinanze e avvisi: servono trasparenza, ascolto e rispetto. I cittadini hanno diritto a sapere quando potranno tornare a utilizzare il cavalcavia e, soprattutto, perché il Comune ha scelto di bloccare così a lungo un’infrastruttura tanto strategica. Finché mancheranno queste risposte, resterà il dubbio che l’unico interesse reale sia stato quello di utilizzare i fondi, più che rispondere ai bisogni concreti del territorio.