I consiglieri del Partito Democratico, Giuseppe Procino e Alessandro De Rosa rilanciano il dibattito su giovani e partecipazione
Il 25 luglio i consiglieri del Partito Democratico, insieme agli altri consiglieri di opposizione, depositano la richiesta di istituire la Consulta dei Giovani. La proposta viene inserita, all’ultimo punto, nell’ordine del giorno del Consiglio del 31 luglio. È una seduta lunga, affollata di punti: si arriva fino all’una di notte e, quando tutto è ormai stato trattato, proprio quel punto scivola in coda e non viene discusso. Con un piccolo sforzo si sarebbe potuto affrontarlo comunque; non accade, e la questione slitta. Passa agosto. Il punto viene nuovamente rimesso all’ordine del giorno di un Consiglio autoconvocato a settembre dai consiglieri di minoranza. Durante quella seduta scopriamo che la maggioranza non solo ha già predisposto una proposta di deliberazione del Consiglio per l’istituzione di un Forum dei Giovani—non ancora calendarizzata—ma che per il giorno successivo, 9 settembre, è stata convocata una commissione congiunta per discutere il relativo regolamento. In questa situazione, la maggioranza si trova di fatto nella necessità di bloccare o bocciare la proposta della minoranza sulla Consulta, avendo già avviato l’iter del Forum, senza tuttavia—e siamo ormai a settembre, mentre noi abbiamo protocollato a luglio—aver informato i consiglieri di minoranza che l’istituzione del Forum era in cantiere.
Vogliamo smorzare i toni. Prendiamo per buone le parole del Sindaco e dell’Assessora Adua Maurizio — persona operosa e sensibile — quando dicono che si stava lavorando al progetto. Resta tuttavia l’impressione, legittima, che l’iniziativa della minoranza abbia impresso un’accelerazione a un percorso rimasto fermo a lungo. E, a ben vedere, va bene così: se la nostra proposta ha contribuito a far nascere un luogo stabile per i ragazzi e le ragazze della città, il merito che conta è quello della comunità.
Ma il punto vero arriva qui: che tipo di organo vogliamo? La differenza tra la Consulta proposta da noi e il Forum proposto dalla maggioranza non è una sfumatura terminologica, bensì un diverso modo di concepire il rapporto tra i giovani e le istituzioni. La Consulta è pensata come un interlocutore organico del Consiglio Comunale: un organismo consultivo stabile, con un perimetro chiaro e un obbligo di ascolto su piani, progetti, regolamenti, bandi e interventi che toccano la fascia 16–30 anni. Obbligo di ascolto significa parere obbligatorio richiesto nei tempi, non vincolante ma formalmente acquisito, con una restituzione tracciabile alle Commissioni e all’Aula. È il modo più semplice per evitare che l’ascolto diventi occasionale, a discrezione del momento o dell’agenda politica.
Il Forum delineato nella delibera della maggioranza, invece, pur definendosi consultivo e propositivo, è incardinato principalmente nell’Area Servizi alla Persona. Relaziona al Consiglio su convocazione del Presidente, una volta l’anno, e non prevede una clausola che imponga a Giunta o Consiglio di acquisirne i pareri quando si decide su temi giovanili. È una differenza sostanziale: in assenza di un vincolo procedurale, l’ascolto rischia di dipendere dalla buona volontà. Il filo istituzionale si allenta proprio nel passaggio decisivo, quello in cui le proposte devono poter entrare — con regolarità e trasparenza — nel circuito decisionale.
C’è poi il tema, delicato, delle modalità di composizione. Il Forum opta per un’architettura fortemente elettorale: liste con raccolta firme, doppia preferenza di genere, riparto dei seggi con metodo D’Hondt, commissione elettorale, seggi fisici e/o telematici; a completare il quadro, una quota di cooptati e la presenza di membri “di diritto” senza voto. È un meccanismo complesso, che importa strumenti tipici dei consigli politici. Non discutiamo qui la bontà di ciascun elemento preso singolarmente; osserviamo però che, nella loro combinazione, questi strumenti rischiano di trasformare un luogo di proposta in una palestra di competizione anticipata, con tutte le derive che conosciamo: tifoserie, spirito di fazione, campagne identitarie. A quell’età l’energia della partecipazione è una ricchezza, ma va incanalata: servono spazi di responsabilità, non miniature di contesa elettorale.
La Consulta, nella nostra impostazione, mantiene la partecipazione larga come principio cardine, ma chiede di semplificare i meccanismi d’ingresso e — soprattutto — di garantire la capacità di fare sintesi. Un organismo che ascolta in molti e restituisce in uno: una voce chiara, un parere chiaro, nei tempi giusti, diretto alle sedi che deliberano. Il tutto accompagnato da regole di trasparenza (sedute pubbliche, verbali accessibili, calendario certo) e da una minima continuità organizzativa, così che il lavoro non dipenda da slanci episodici ma da una routine istituzionale riconoscibile. Non ultimo, la nostra proposta di Consulta propone un regolamento da decidere in forma partecipata entro il 2025; il Forum è già confezionato “dall’alto”.
Non mancano punti positivi nel testo del Forum: la pubblicità delle sedute e la messa a disposizione degli atti vanno nella direzione giusta e meritano di essere mantenute. Proprio per questo, però, la cornice dovrebbe essere completata con ciò che oggi manca. Se vogliamo che il contributo dei giovani non si perda nel percorso, occorre saldarlo al Consiglio con un obbligo di consultazione, fissare tempi ragionevoli per i pareri, prevedere una relazione periodica che non dipenda da convocazioni eventuali e, sul fronte della composizione, scegliere la via della semplicità: candidature personali, criteri inclusivi e un codice di condotta che preservi il confronto di idee dall’escalation di simboli e appartenenze.
Non è un invito a “fare come diciamo noi”. È, più modestamente, la richiesta di non smarrire il fine dietro agli strumenti. Lo scopo non è educare i ragazzi a vincere una piccola elezione, ma abituarli a costruire politiche pubbliche: informarsi, discutere, scegliere, motivare, verificare gli esiti. Se il dispositivo istituzionale favorisce la contesa, avremo più slogan che proposte; se favorisce la sintesi, avremo meno rumore e più responsabilità.
Per questo rivolgiamo un appello accorato al Sindaco Mastrangelo e all’Assessora Adua Maurizio: scegliamo insieme un modello più snello, più partecipato e meno divisivo. Un luogo che accolga molti e restituisca una rotta, non un’arena dove contarsi. Che mantenga la trasparenza del Forum, ma la leghi a un rapporto stabile con il Consiglio; che apra le porte a chi ha voglia di impegnarsi, senza costringerlo a passare per liste, schieramenti e calcoli di riparto; che dia ai giovani la possibilità di prendersi cura della città con la concretezza di pareri tempestivi e ascoltati.
Se la nostra proposta di Consulta ha accelerato l’iter del Forum, tanto meglio: il bene dei ragazzi viene prima di tutto. Facciamo che questa spinta serva a compiere l’ultimo passo, quello decisivo: mettere i giovani davvero al centro, con regole semplici, un legame istituzionale certo e la forza mite — ma esigente — della sintesi.